Il giornalista genovese Emanuele Dotto racconta la sua malattia: “Il corpo svanisce, la mente no”

Emanuele Dotto, storico radiocronista, racconta la sua vita tra sport, Genoa e la malattia. Un’intervista toccante e piena di umanità, tra ricordi e aneddoti.

La voce narrante di Emanuele Dotto, storico radiocronista, si fa spazio tra le onde del tempo, portando con sé un’eco di passione per lo sport e un amore viscerale per Genova. In un’intervista toccante, Dotto ripercorre le tappe fondamentali della sua carriera, intrecciando aneddoti calcistici a riflessioni profonde sulla vita e sulla malattia. Un racconto intriso di ironia e umanità, che celebra la forza dello spirito di fronte alle avversità.

Gli esordi e l’amore per il racconto

Dotto, con la sua inconfondibile voce, ricorda i suoi inizi nel mondo del giornalismo sportivo, un’avventura nata quasi per caso, ma che si è trasformata in una vera e propria vocazione. “Ho visto, ho guardato, ho raccontato, mi sono divertito”, afferma con un sorriso, rievocando le emozioni delle prime radiocronache e la magia di un calcio che non c’è più. “Ho avuto maestri veri. Roberto Bortoluzzi: capace, colto e gentile. Massimo De Luca, un signore. Enrico Ameri, con quell’incredibile rapidità di parola e duttilità nel racconto. Sandro Ciotti. Fuoriclasse”.

Il Genoa nel cuore di Dotto

Il Genoa occupa un posto speciale nel cuore di Dotto, un legame indissolubile che si è rafforzato nel corso degli anni. Tra i tanti ricordi legati al Grifone, spicca un aneddoto particolare: “Mi toccò annunciare, per primo, che a Marassi era morto un tifoso del Genoa, Vincenzo Claudio Spagnolo detto Spagna, accoltellato da un ultrà del Milan: era il 29 gennaio 1995”. Un episodio tragico che ha segnato la storia del club e che Dotto ha raccontato con la professionalità e la sensibilità che lo hanno sempre contraddistinto. E poi l’amicizia con Beppe Marotta, nata in circostanze curiose: “Varese-Lazio 1-1, gennaio ’82: una nebbia spaventosa impedì di vedere i gol. Domandai la cortesia al dirigente del Varese, di nome Beppe Marotta, di scendere negli spogliatoi e informarsi sui marcatori. Così cominciò la nostra grande amicizia: sono il padrino dei suoi figli”.

La malattia e la forza d’animo

La vita di Dotto è stata segnata anche dalla malattia, una sclerosi multipla progressiva che lo ha colpito dopo il pensionamento. “Un mese dopo essere andato in pensione mi è stata diagnosticata la sclerosi multipla progressiva. Avevo 67 anni e 6 mesi, ora ne ho appena compiuti 73 e ogni giorno è un giorno guadagnato”. Ma nonostante le difficoltà, Dotto non ha perso il suo spirito combattivo e la sua voglia di vivere. “Il corpo sta andando dove vuole, la mente e la memoria per fortuna no”, afferma con orgoglio, trovando conforto nell’amore della sua famiglia e nella bellezza dell’arte. “Sono stato sette volte in Australia e altrettante in Cina, ma adesso il mondo lo vedo come il giardino della scuola elementare di Genova Quinto, dove trascorro il tempo in carrozzina ascoltando musica, leggendo e sopravvivendo. Ho avuto molto, e molto mi è stato tolto, però nel cambio ci guadagno. E ora trovo bella anche Alessandria. Bisogna scherzarci un poco. Peggioro lentamente, ma senza prospettiva, e non ce la farei senza mia moglie Marina e mia figlia Emanuela”.